GERARDO MARAZZI
IL NOME DI DIO
Qualcosa. Qualcuno.
Nitida percezione di sfiorata presenza o infausto abbandono. Ricercato negli Elementi, nei Simboli, nel significato delle parole che a Lui hanno dato “battesimo”. Nella devozione sacra che l’uomo avverte al sintomo della Sua presenza, anche quando crede senza praticare, l’uomo nomina usando LOGOS (parola) come definizione del Nome di Dio. «IN PRINCIPIO ERA IL VERBO, E IL VERBO ERA PRESSO DIO E IL VERBO ERA DIO». Vangelo secondo Giovanni
Partendo da LOGOS, dalle sue possibili interpretazioni: parola, discorso, verbo supremo, Dio (…), vorrei presentare, con poche parole aggiunte a quelle che si fondono nella sua pittura, la grande opera di Gerardo Marazzi: 7 Tele dipinte. 7 Simboli. Trascrizioni criptiche celate, dei segni usati dagli uomini per scrivere, tramandare e professare Il Nome di Dio. 7 Profezie racchiuse tra Storia e Tradizione. Mito e Uomo. Speranza e Fede. 7 Come i giorni della Creazione.
Ragionando sulla parola LOGOS come Verbo massimo (secondo il Vangelo di Giovanni), mantenendo quindi il suo significato etimologico religioso più conosciuto, è possibile ottenere Incipit di lettura immediata delle basi su cui fonda la pittura dell’artista: l’idea da cui parte, il risultato raggiunto dato dall‘equilibrio formale e concettuale percepibile davanti alle 7 grandi tele. Marazzi ricerca l’Icona assoluta attraverso una pittura che non nasce da un’immagine, ma da un discorso di cui LOGOS stesso, inteso come Parola per eccellenza, è protagonista oltre che interprete: unico soggetto affrontato. LOGOS è IL NOME DI DIO, quindi, prova umana di Dio presente. Nel Suo nome: le religioni, la Storia che si tramanda, i colori e le lingue del mondo, l’intero creato; per questo motivo l’artista rappresenta in pittura questi molteplici significanti del Significato Creatore, lasciando che dalla tela affiorino i misteri dell’origine, le interpretazioni degli uomini, i segreti che pittura “protegge” e al contempo, rivela in sintomo.
Nel momento esatto in cui avvengono queste intuizioni, il picco d’attenzione razionale dell‘osservatore è massimo, ma sovviene una destabilizzante sensazione. Colto il concetto, riconosciuto il Nome, la pittura prevarica impetuosa e la consapevolezza assunta poco prima, si ritrae; è in quel preciso istante, che sembra incarnare l’esercizio più difficile per l’uomo: l’esperienza della Fede. Gerardo Marazzi dipinge con un’energia coloristica inarrestabile, capace di sfaldare i pigmenti saturi del colore, concedono il bianco come luce, per poi tornare a sovrapporre le tinte attraverso una liturgia del gesto, che agisce sul segno in maniera costante. L’intera opera è basata su una costruzione geometrica del disegno che non permette errore. La struttura rigorosa, è la guida decisa dall’artista per dare ordine alla lettura dell‘opera: prima il contenuto inteso come significato; poi il contenitore, quindi, il nome del soggetto scelto. Significato che ci accomuna nel riconoscerci tutti “figli “di un “padre “creatore, oltre le definizioni, oltre ogni teologia, in noi vive identico bisogno e si manifesta comune percezione.
Ecco perché nelle opere di Marazzi l‘impostazione regolare decisa, si mantiene costante: l’orizzonte stabilito al centro della tela, è punto d’incontro della base di 2 piramidi rovesciate. Una punta verso l’alto: divino. L’altra nel suo esatto opposto: terreno. Su quella sottile linea del mezzo, in equilibrio perfetto vive l’uomo che crede; lì risiede ogni traduzione possibile della parola Fede.
Tra i nomi di Dio e i suoi seguaci divisi tra fedeli, beati e spietati puristi; anche dove l‘uomo vive la coscienza d‘essere parte di qualcosa di più grande, senza per questo professare religione alcuna; tra le parole, il disordine umano e l’ordine del creato, si realizza la ricerca culturale e viene alla luce la profonda, naturale spiritualità dell‘artista. IL NOME DI DIO, è quindi una grande opera unica in cui sono espresse le linee guida della mente e dello spirito del maestro. Quand‘esse s‘incontrano, è possibile percepire l‘armonia, la pace di una riflessione che appare come una preghiera. Esatte sono le Leggi dell‘Universo. Esatti i suoi Elementi. Esatto IL NOME DI DIO in tutte le lingue del mondo. Tutto a Lui conduce. Tutto a Lui ritorna. Se parola ne è prova, pittura vuole esserne nuova testimone. «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio», IL NOME DI DIO.
Romina Guidelli
IL NOME DI DIO
Qualcosa. Qualcuno.
Nitida percezione di sfiorata presenza o infausto abbandono. Ricercato negli Elementi, nei Simboli, nel significato delle parole che a Lui hanno dato “battesimo”. Nella devozione sacra che l’uomo avverte al sintomo della Sua presenza, anche quando crede senza praticare, l’uomo nomina usando LOGOS (parola) come definizione del Nome di Dio. «IN PRINCIPIO ERA IL VERBO, E IL VERBO ERA PRESSO DIO E IL VERBO ERA DIO». Vangelo secondo Giovanni
Partendo da LOGOS, dalle sue possibili interpretazioni: parola, discorso, verbo supremo, Dio (…), vorrei presentare, con poche parole aggiunte a quelle che si fondono nella sua pittura, la grande opera di Gerardo Marazzi: 7 Tele dipinte. 7 Simboli. Trascrizioni criptiche celate, dei segni usati dagli uomini per scrivere, tramandare e professare Il Nome di Dio. 7 Profezie racchiuse tra Storia e Tradizione. Mito e Uomo. Speranza e Fede. 7 Come i giorni della Creazione.
Ragionando sulla parola LOGOS come Verbo massimo (secondo il Vangelo di Giovanni), mantenendo quindi il suo significato etimologico religioso più conosciuto, è possibile ottenere Incipit di lettura immediata delle basi su cui fonda la pittura dell’artista: l’idea da cui parte, il risultato raggiunto dato dall‘equilibrio formale e concettuale percepibile davanti alle 7 grandi tele. Marazzi ricerca l’Icona assoluta attraverso una pittura che non nasce da un’immagine, ma da un discorso di cui LOGOS stesso, inteso come Parola per eccellenza, è protagonista oltre che interprete: unico soggetto affrontato. LOGOS è IL NOME DI DIO, quindi, prova umana di Dio presente. Nel Suo nome: le religioni, la Storia che si tramanda, i colori e le lingue del mondo, l’intero creato; per questo motivo l’artista rappresenta in pittura questi molteplici significanti del Significato Creatore, lasciando che dalla tela affiorino i misteri dell’origine, le interpretazioni degli uomini, i segreti che pittura “protegge” e al contempo, rivela in sintomo.
Nel momento esatto in cui avvengono queste intuizioni, il picco d’attenzione razionale dell‘osservatore è massimo, ma sovviene una destabilizzante sensazione. Colto il concetto, riconosciuto il Nome, la pittura prevarica impetuosa e la consapevolezza assunta poco prima, si ritrae; è in quel preciso istante, che sembra incarnare l’esercizio più difficile per l’uomo: l’esperienza della Fede. Gerardo Marazzi dipinge con un’energia coloristica inarrestabile, capace di sfaldare i pigmenti saturi del colore, concedono il bianco come luce, per poi tornare a sovrapporre le tinte attraverso una liturgia del gesto, che agisce sul segno in maniera costante. L’intera opera è basata su una costruzione geometrica del disegno che non permette errore. La struttura rigorosa, è la guida decisa dall’artista per dare ordine alla lettura dell‘opera: prima il contenuto inteso come significato; poi il contenitore, quindi, il nome del soggetto scelto. Significato che ci accomuna nel riconoscerci tutti “figli “di un “padre “creatore, oltre le definizioni, oltre ogni teologia, in noi vive identico bisogno e si manifesta comune percezione.
Ecco perché nelle opere di Marazzi l‘impostazione regolare decisa, si mantiene costante: l’orizzonte stabilito al centro della tela, è punto d’incontro della base di 2 piramidi rovesciate. Una punta verso l’alto: divino. L’altra nel suo esatto opposto: terreno. Su quella sottile linea del mezzo, in equilibrio perfetto vive l’uomo che crede; lì risiede ogni traduzione possibile della parola Fede.
Tra i nomi di Dio e i suoi seguaci divisi tra fedeli, beati e spietati puristi; anche dove l‘uomo vive la coscienza d‘essere parte di qualcosa di più grande, senza per questo professare religione alcuna; tra le parole, il disordine umano e l’ordine del creato, si realizza la ricerca culturale e viene alla luce la profonda, naturale spiritualità dell‘artista. IL NOME DI DIO, è quindi una grande opera unica in cui sono espresse le linee guida della mente e dello spirito del maestro. Quand‘esse s‘incontrano, è possibile percepire l‘armonia, la pace di una riflessione che appare come una preghiera. Esatte sono le Leggi dell‘Universo. Esatti i suoi Elementi. Esatto IL NOME DI DIO in tutte le lingue del mondo. Tutto a Lui conduce. Tutto a Lui ritorna. Se parola ne è prova, pittura vuole esserne nuova testimone. «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio», IL NOME DI DIO.
Romina Guidelli